UnDeR the StarRy Sky

una finestra sospesa tra le nuvole e le stelle

DeStINaZiOnI

I
Mi ritrovo a sorridere alle coppie che si baciano per strada, ai bambini piccoli e ai cani coi cappottini. Sorrido alle commesse, sorrido perfino agli extracomunitari che mi porgono il solito volantino. Cammino rapido tra le gente, lasciando che il mio sguardo talvolta la segua. Vado così veloce che quasi mi manca il respiro. Passo da un posto all’altro scivolando, automatismo perfetto. A volte i polpacci stridono, o le caviglie si piegano, ma non importa. Sfido la folla, sgomitando, aspiro i profumi gradevoli delle ragazze agghindate, trattengo il fiato quando mi imbatto nei tanti che puzzano. Se cammino con gli altri, li lascio indietro e non me ne curo. Un passo avanti all’altro, preciso, imbattibile. Come se avessi una direzione.
E invece tutto ciò che ho è dolore.

II
Anagnina. Nuvole grevi come dolore oltre i palazzi sbiaditi, sulla stazione sospesa nell’ansia del primo mattino. Cammino distratta, avvolta di sogni tra le antiche rovine di uno squarcio di sole, nel sorriso stanco di un orizzonte invecchiato. Assorta cercando tra crepe di asfalto la mia ferita, acciaio infilato nella schiena del mondo. Cammino nella corrente con passi assenti, cadenzati, lenti, oltre la strada, oltre l’arrivo, stringendo il mio nome nel pugno, la mia unica carta, il mio addio.

III

Finalmente mi sono seduta, non ne potevo più. E che meraviglia da quassù! Se allungo il braccio posso toccare il cielo. Ecco, apro e ristringo il pugno, lo afferro!
Da qui vedo un mare di teste ondeggiare. Chi sono tutti questi e perché si muovono insieme come le spire di un serpente?
Ma che succede? Qualcosa pende dall’alto fino a me. Sollevo lo sguardo e il mio naso sfiora un pezzo di stoffa verde e pesante. Struscia e solletica, mi viene da ridere. Oh, è passato. Mi giro di scatto per acchiapparne un pezzo, ma non ci riesco.
“Stai buona, a papà, se no cadi”.



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