UnDeR the StarRy Sky

una finestra sospesa tra le nuvole e le stelle

10 anni dopo

Qualche settimana fa, in un insensato folle e meraviglioso venerdì santo, raccattando gente ubriaca in mezzo alla strada dopo un fantastico reading e cantando le canzoni di raffaella donà con coretti e strani balletti stipati in 5 in una 500, si discuteva del piacere singolare e ineguagliabile che dà leggere qualcosa di sè davanti a un pubblico.
Sono passati 10 anni ma quell'emozione la ricordo bene: le persone intorno, agitate, indaffarate, spazientite, le persone che erano lì da ore e per ben altri motivi, all'improvviso, fecero silenzio.
Scese il silenzio, rapido, dolce, cristallizzando intorno alla prima parola del mio racconto.

Eravamo nella palestra di una scuola elementare, un palco improvvisato, un microfono, e la mia voce di sedicenne che parlava d'amore.

E uomini, e donne, e ragazzini e perfino bambini, silenziosamente, ascoltavano.


Sono davvero passati 10 anni, ma mi è venuta voglia di rileggermi, di riascoltare quel racconto che ha vinto un premio da niente e mi ha dato un'emozione che vale una vita.


Eccolo qui.

(Abbiate pietà, avevo davvero solo 16 anni).


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Lo Stormo

Una settimana snervante: il sabato, atteso, desiderato, ancora più frenetico, non concede riposo. Faccio ricorso ai miei soliti stratagemmi: non voglio che questa giornata finisca, che si ripresenti già il deprimente domani della routine quotidiana. Così aspetto, sveglia, l’alba, costringendomi a forza a restare in piedi, a camminare per le strade asfissianti che mi strappano pezzi di cielo. Alla fine mi faccio coraggio e accetto il compromesso: la mia volontà non respinge più la stanchezza. Mi sprofondo sotto le calde lenzuola del letto e penso a tutto quello che ho dimenticato di fare, di dire: un altro sabato speso in futilità, altri granelli di sabbia irrimediabilmente scivolati dalla mia clessidra. Ma il sonno dolcemente prende possesso di me e già il cuore inizia a battere regolarmente, e il suo ritmo scandisce la melodia che mi sta conducendo verso abissi stellati. Mi ritrovo in riva al mare, intenta a rimirare il selenio di una placida e tonda luna estiva, con il suo corteggio di morbide nubi rossastre e il saettante raggio argentato che trapassa le onde color inchiostro. I miei piedi scalzi sprofondano morbidamente nella sabbia, calda, come se fosse giorno, e lasciano disegnata, netta, la loro orma, come su di uno stampo di argilla. Resto attonita a guardare quello strano fenomeno, come se mi stessi guardando da remoti paesi senza nome, attraverso uno specchio magico. Improvvisamente, però, la sensazione d’angoscia finisce e tutto ciò che mi circonda mi sembra perfettamente naturale, logico: dentro di me si affaccia la consapevolezza di trovarmi ad una specie di festa. Mi volto, sorridente, e subito scorgo il falò sfavillante sulla spiaggia, che irradia allegria e calore. Intorno al fuoco misteriose figure nere, confuse, dai contorni sbiaditi, si agitano come in una lugubre danza che mi riporta un senso di familiarità. Aguzzo lo sguardo, alla ricerca di qualcosa, esatta ma ancora senza nome. Come un ghirigoro di fumo, qualcuno si compone davanti ai miei occhi. Avanza, con passo tranquillo e sinuoso, verso di me, e la luna, poco a poco, gli rischiara il viso. Non ho bisogno di riconoscerlo: so già chi è, lo attendevo. Finalmente soli, pensavo, dopo millenni di attesa, ed ora insieme, verso immagini segrete sepolte nella mia memoria. Guardo la sua pelle chiara, le sue labbra che si muovono freneticamente nell’atto di parlare ma restano mute, sospese, in un vento di silenzio. Ricompongo velocemente la scena di quella prima volta che c’incontrammo, quando eravamo ancora bambini, ed io ammiravo quella sua bellezza pura, abbagliante, femminea. La mente non indugiò su tutto quel tempo che vivemmo fianco a fianco, traversando insieme a pie’ fermo le tormente inestricabili dell’adolescenza, lui, sole sempiterno dei mie sogni, ed io debole pianeta, ma inconsapevole motore di tutte le mie fantasie. Arrivò subito, impietosa, al nostro ultimo incontro. Quanti anni c’erano stati in mezzo, e quanto potente era diventata la mia creazione di lui, riflesso dei miei desideri! Ma allora gustavo solo quegli attimi pieni di tenerezza e di illusioni, dell’incantesimo che aveva stregato ogni cosa. Eravamo andati al solito ballo di fine estate, come coronamento di una splendida vacanza trascorsa insieme. Io, piena di speranza, avevo atteso ansiosamente il suo arrivo, il suo passo, la sua andatura, la riconoscevo tra mille.


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