A quo moventur?
E’ nel mio sguardo tutta l’imperfezione del mondo,
ed è per questo che porto negli occhi tutti gli uomini.
I
Cammino,
con le viscere gravate dal dolore e la schiena china,
dentro la strada vuota e increspata dal sole
avvolta dal silenzio
dal passo spento
sul sentiero
di questa solitudine fraterna.
Sola cammino
nella mia inquietudine,
tra sassi bruciati dall’arsura, tra mura
popolate di ronzii in cui lampeggiano morenti
insetti, tra paesaggi che il vento spazza
e seppellisce.
Sono anche io insetto.
Scavo nelle viscere della vita
– tana umida
e cava -
un legame
con l’Universo intatto
oltre questa mia sofferenza
di crosta infranta.
Dentro l’informe corpo molle
palpitano più cuori
ognuno in cerca di un lampo di magma
nel segreto della terra oscura
che risollevi il mio nome
asciutto
dimenticato
tardivo.
Mi ricavo
nel movimento dei miei arti
fragili rinsecchiti
come il sogno che covo dentro,
che preme
per esplodere
frantumare
ciò che ancora resiste
sotto le mie labbra uncinate,
sotto il vortice del loro risucchio
incessante incessante incessante.
Te.
II
Cammino.
La torre pendente del mio corpo
avanza,
cigolando, pur tentando
di trascinarsi
il vuoto
di non sentirti
Spada di luce danzante
nel mio grembo
Iride di fuoco
Pioggia di grevi lacrime
dentro il lago della mia
vacuità.
Macino viaggi interminabili.
Tuttavia ogni strada brucia e arde
come le altre
in questa vasta
sconsolata pianura.
Uniche compagne che raccolgo
sono parvenze
fantasmi,
sono le infinite me
distrutte a ogni passo,
essere in potenza e irrealizzato,
mia inessenza che pure rende me,
assassina, fratricida,
figlia nata dalla mutilazione di migliaia di aborti,
unica.
Umanamente Una.
III
E nelle orme alle mie spalle
ripiene di sangue e fango
germogliano grappoli densi di uva e
vita , riversando il loro succo rubino
sulla mia pelle
dalla quale ti allatti,
la mia pelle umida calda,
confine divisione contatto
tra le nostre anime
ribollenti, forgiate nel vapore
cosmico che le ha viste unite,
che le ha viste pure, senza nessun delitto ancora
ad affondarle.
Ora abbracciati,
saziandoci senza calmare
la fame - Infrangendoci
senza perdere il nostro peso –
Vivi e non vivi, insieme e soli - ora
non recidermi.
La mia anima di allodola e
usignolo si impiuma coi tuoi baci,
intreccia il nido nei tuoi
ventricoli gonfi di linfa, nelle tue
vene arboree ancorate celate
dentro il cuore della terra.
IV
No, non mentirmi: io sono figlia dell’aria,
figlia delle stelle e di ciò che esse
non rivelano.
Ricordo bene.
Ricordo il tempo dei miei viaggi, quando,
seduta sull’ultima rovina, piangevo.
Sì, ricordo.
Ero sasso – giacinto sfiorito-
nel flusso impietoso del tempo,
piuma
nel vortice irreversibile,
quando naufragai nel tempio, all’altare
su cui giacevano le carni immolate
degli amori perduti.
Fu allora che mi colse il male del mondo
e crepe si infiltrarono nelle colonne bianche,
e io fui anima cava, calice
vuoto, la vita in me come un sordo
sogno.
V
Nel silenzio del mondo decaduto,
nel silenzio del mondo inesistente,
ascoltavo: ecco :
il garrito dell’elefante, mi chiama da
est, voci del passato: perdermi
attraverso giungle di
meditazione: ecco :
il canto delle cicale, mi invoglia a
sud
voci di passione
esaltazione di sensualità
dentro alveari celati tra
vesti di lino: ecco :
il fischio della Ballerina
non per me, verso il nido,
tra le conifere: vestirmi del suo
grigio - escludere ogni altra
tonalità:ecco :
il rumore del mare.
Il rumore del mare.
Ha imparato il mio nome
quando ancora vestivo
solo di placenta.
Mi tira dall’antico legame,
cordone ombelicale
mai reciso.
La mia volontà dimenticata.
Calice vuoto.
VI
Così giacevo tra le rovine
del tempio antico,
raccontando me stessa alla mia
memoria,
quando una voce
si alzò
dall’abisso
della
desolazione.
Trovatami nuda la voce mi rapì a sé
tra le mie labbra -con le mie labbra
urlò:
Essere un nulla,
Io nel Non-io,
contraddizione sanata.
Ed era la voce di un’anima nuova.
Era la mia voce nuova
[Perché questo mi parve ciò che tutto turba
e tutto distrugge,
il pozzo oscuro
tra possibilità e essere,
non trovai altro dolore se non
lo struggimento di smarrirsi senza perdersi,
effondere nell’intangibile
conservando
forma e sostanza, sopravvivere
nota chiara
nell’immensa rapsodia
del Tutto]
Nostalgia.
VII
Mi arrivasti allora,
inciampando nel mio passo
affannoso, nella mia nuca
contorta, straziandomi
salvandomi con il tuo abbraccio di stelle
e spine, con la tua bocca
di prugna densa, con l’offerta fresca
di sazia rivelazione della tua lingua,
ondeggiante distesa di fragole
e speranze.
Motore immobile, tensione finale dell’anima mia.
Canto una sola passione: voglio essere nella tua carne,
pulsa il sangue nei condotti,
voglio essere nella tua carne,
geme il sangue irrorando estremi di percezione,
voglio essere nella tua carne,
ribolle il sangue sotto la bocca del sudore:
rivestimi del tuo corpo, lascia
che io mi diffranga nel tuo sguardo - vertigine d’abisso e
d’infinito.
Ebbene la mia mente è appassita alla gioia.
VIII o del Sonno Antico
Cammino.
Vela al vento.
Ogni spasmo mi muta
irreversibilmente.
Non ritrovo la causa
di me.
Mi perdo
dietro sensazioni e vivo
un’altalena
di dolori, antichi
e senza nome.
E ora?
Ora la cenere.
Assopimento.
E un solo,
stanco,
desiderio
[di te].
Voglio dormirti.
Voglio dormire
un sonno profondo,
il primo
impopolato di uomini.
Voglio dormirlo
al di fuori del mondo, un sonno
tranquillo e riposto
dentro un recondito
angolo
del tuo mistero.
Come un ruscello che scorra eterno
tra verdi campagne
estive nell’armonia sfavillante
delle sfumature, nell’armonia scrosciante
del complesso canoro.
Questo sonno avrà la tranquillità di un vegliardo
e dimorerà in pace per l’eternità,
scioglierà i nodi del tempo,
dissolverà i dolori.
Imperturbabile scorrerà il mio sonno
e così immutabile sorgerà
l’edificio del mio cuore,
e ogni pilastro affonderà in te-
Sonno privo di umanità –
insegnandomi
l’imperfezione.
da : "A quo moventur?"
Lau, 2004
[Tutti i diritti riservati]
1 commenti:
e ditemi se non ci vuole coraggio, a pubblicare una poesia mia dopo quella della merini!!!!
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