UnDeR the StarRy Sky

una finestra sospesa tra le nuvole e le stelle

al 2o09 che Se Ne Va







" O me! O life!... of the questions of these recurring;
Of the endless trains of the faithless--of cities fill'd with the foolish;
Of myself forever reproaching myself, (for who more foolish than I, and who more faithless?)
Of eyes that vainly crave the light--of the objects mean--of the struggle ever renew'd;
Of the poor results of all--of the plodding and sordid crowds I see around me;
Of the empty and useless years of the rest--with the rest me intertwined;
The question, O me! so sad, recurring--What good amid these, O me, O life?

Answer.

That you are here--that life exists, and identity;
That the powerful play goes on, and you will contribute a verse. "

Walth Withman, O me, O life!.

Che il potente spettacolo continua e tu puoi contribuire con un verso.

Quale sarà il tuo verso?




NaScoNdeRo' iL VuOto ChE AvAnZa - piano feelings

MeRrY ChRiStMaS

DeStINaZiOnI

I
Mi ritrovo a sorridere alle coppie che si baciano per strada, ai bambini piccoli e ai cani coi cappottini. Sorrido alle commesse, sorrido perfino agli extracomunitari che mi porgono il solito volantino. Cammino rapido tra le gente, lasciando che il mio sguardo talvolta la segua. Vado così veloce che quasi mi manca il respiro. Passo da un posto all’altro scivolando, automatismo perfetto. A volte i polpacci stridono, o le caviglie si piegano, ma non importa. Sfido la folla, sgomitando, aspiro i profumi gradevoli delle ragazze agghindate, trattengo il fiato quando mi imbatto nei tanti che puzzano. Se cammino con gli altri, li lascio indietro e non me ne curo. Un passo avanti all’altro, preciso, imbattibile. Come se avessi una direzione.
E invece tutto ciò che ho è dolore.

II
Anagnina. Nuvole grevi come dolore oltre i palazzi sbiaditi, sulla stazione sospesa nell’ansia del primo mattino. Cammino distratta, avvolta di sogni tra le antiche rovine di uno squarcio di sole, nel sorriso stanco di un orizzonte invecchiato. Assorta cercando tra crepe di asfalto la mia ferita, acciaio infilato nella schiena del mondo. Cammino nella corrente con passi assenti, cadenzati, lenti, oltre la strada, oltre l’arrivo, stringendo il mio nome nel pugno, la mia unica carta, il mio addio.

III

Finalmente mi sono seduta, non ne potevo più. E che meraviglia da quassù! Se allungo il braccio posso toccare il cielo. Ecco, apro e ristringo il pugno, lo afferro!
Da qui vedo un mare di teste ondeggiare. Chi sono tutti questi e perché si muovono insieme come le spire di un serpente?
Ma che succede? Qualcosa pende dall’alto fino a me. Sollevo lo sguardo e il mio naso sfiora un pezzo di stoffa verde e pesante. Struscia e solletica, mi viene da ridere. Oh, è passato. Mi giro di scatto per acchiapparne un pezzo, ma non ci riesco.
“Stai buona, a papà, se no cadi”.



SpAceTeLleRs

Mercoledì 16 sono stata al Planetario di Roma per l'evento "Spacewalkers", l'incontro con i due astronauti Nasa Scott Altman e Mike Massimino, protagonisti della missione ATLANTIS per la riparazione dello Hubble Space Telescope - in fondo ho messo il video del lancio -e l'astronauta italiano Paolo Nespoli, che sicuramente conoscerete - è andato in videoconferenza con Napolitano dalla stazione spaziale internazionale - anche per lui ho postato un video molto carino.


Nella sala circolare del Planetario non c'è una direzione preferenziale, così gli astronauti, nelle loro divise azzurre, chiacchieravano andando avanti e indietro, raccontando qualche episodio della loro vita, del tempo speso nella difficile e durissima preparazione per la missione e della vita a bordo. Per questo li ho chiamati: spacetallers.
E anche perchè:
"Se trovo chi ha inventato il termine passeggiate spaziali, lo ammazzo - ha detto Nespoli - Per 11 ore trascorse nello spazio, un astronauta ne passa almeno altre 4 per entrare e uscire dalla tuta e fare tutti i controlli dei meccanismi di funzionamento della tuta ... è tutt'altro che una passeggiata! Senza considerare che per muoversi, quando si è nello spazio, bisogna fare dei piccolissimi e leggeri movimenti delle dita, altrimenti si rischia di essere rimandati all'indietro dalle reazioni vincolari ".
Senza contare che l'imprevisto è sempre dietro l'angolo. Ci sono degli schermi che consentono agli astronauti di ripararsi nel caso di intense radiazioni provenienti ad flares solari, e il moto dei grandi detriti o degli asteroidi può essere previsto in modo molto dettagliato. Ma ci sono comunque piccoli frammenti che viaggiano nello spazio ad alta velocità e sono praticamente invisibili da Terra, che possono causare seri danni allo shuttle ed essere fatali per un astronauta.
A volte invece è la missione che può avere degli imprevisti, come nella fase della sostituzione dello spettrografo dell'Hubble Space, in cui un'operazione di svitamento, provata e riprovata mille volte a terra, non è riuscita e il povero Mike ha dovuto staccare la maniglia con la bruta forza! :)

Senza fare una cronaca dettagliata, posso dire che l'incontro è stato davvero entusiasmante! Questi uomini sfidano i limiti umani, dedicando se stessi a una missione così importante, il recupero del più straordinario occhio - l'unico oltre l'atmosfera terrestre - per l'astronomia moderna, che riesco a catturare la luce delle galassie più lontane. Sono ingegneri con un master degree al MIT, uomini altissimi, intelligenti, coraggiosi, e divertenti, disponibili, gentili, con un talento innato nel trasmettere il proprio entusiasmo. Sarà perché devi nascerci potenziale astronauta, nel senso che devi mettere insieme talenti mentali, fisici e una dedizione assoluta, una fortissima determinazione, ma davvero l'ammirazione e l'emozione che suscitano queste persone è indescrivibile :)


Sono ultrafelice di averli conosciuti!



Il Capitano Altman

L'astronauta che è stato più tempo nello spazio : Mike Massimino


E lo straordinario Paolo Nespoli:

con me e Damiano.












DraMa FeVer

Visto che ormai è di dominio pubblico, esco allo scoperto: sono una fan dei dramma tv, e per di più, di quelli orientali!
Non posso farci niente, ho sviluppato una grave dipendenza. Si tratta di idol drama in cui personaggi popolari del mondo orientale interpretano storie tratte dalla letteratura locale, e, in special modo, dai fumetti (manga). Dal momento che amo gli shojo manga, tutti i drama che ho visto sono "romance". Ma come si finisce a guardare una cosa del genere (in lingua originale e sottotitoli in inglese)??
qualche tempo fa ho postato sul blog un video di una serie intitolata Glass Mask. Da bambina ho amato profondamente la serie animata basata sul manga, e non ho saputo resistere all'idea di rivivere la storia attraverso degli attori in carne ed ossa (tra l'altro il fumetto, iniziato negli anni 80, è ancora in pubblicazione!). Infatti è stata la prima che ho visto e forse, a tutt'ora, la migliore.
Andando su www.asianrice.tv c'è una scelta davvero immensa, e guardandone varie mi sono fatta delle idee generali.

Innazitutto quelle giapponesi tendono ad essere incredibilmente patetiche e deprimenti, completamente fuori dalla realtà. Quelle taiwanesi sono in generale più leggere, fatte meglio, appassionate e divertenti. Ma il vocabolario di ogni dialogo è ristretto a una trentina di parole /mi piaci/tieni duro/perchè?/aspetta/è davvero questo che pensi di me?/ un cuore sincero ..., con un gusto masochista per il patetico andante ( della serie "quando pensi che non possa andare peggio, succede qualcosa di ancora più orribile e surreale", tipo amnesie, malattie mortali istantanee, improvvise apparizioni di parenti sconosciuti - no, non è beautiful) e un forte maschilismo con tratti perfino di razzismo.

La trama è quasi sempre la stessa: un ragazzo "cattivo" viene conquistato dalla bontà d'animo di una ragazza che si innamora di lui intuendo il suo lato buono e che deve superare tutta una serie di ostacoli infiniti - perchè è stupida, o povera, o sfigata o tutte e 3 - per realizzare il suo sogno d'amore - mentre il ragazzo generalmente scopre che lavoro vuole fare e diventa un "uomo". Possono cambiare le ambientazioni: il mondo della moda, la musica classica, il basket professionale ... ma il succo è sempre quello
Insomma non è che venga scandagliata l'insondabilità dell'animo umano.

Questa è la trama di It started with a kiss, drama tawainese tratto dall'anime Itazura Na Kiss, in cui un super intelligente e affascinante ragazzo viene catturato da una stupida happy - go - lucky ragazzina, che combina solo disastri. Al di là dell'aspetto comico, che sfocia persino nel ridicolo e nell'irritante
- anche se non ho potuto evitare di schiattarmi dalle risate vedendo il video del matrimonio - ho trovato la II serie, che racconta i primi 7 anni della loro vita coniugale, davvero deliziosa. Non ci sono eventi catastrofici, ma ho trovato una piacevole delicatezza nella descrizione di un amore che progredisce ogni giorno.
A pari merito metto My queen, in cui i ruoli sembrano inizialmente capovolti. E' la storia di una donna in carriera di 33 anni, dinamica e autosufficiente, che finisce con l'innamorarsi di un ragazzo di 26 anni. La storia ha degli aspetti moderni interessanti, alla sex and the city, ma finisce per diventare la solita solfa verso la fine. Carino anche Fated to love you, specialmente la parte in cui la protagonista, una ragazza così insicura da essere per tutti l'equivalente di un post it, cioè un'usa e getta, va ad hong kong da sola e prova a modificare gli aspetti che più odia di sè ... scoprendo però, alla fine, di non poter davvero cambiare.
Vince la versione Giapponese per Boys before flowers, - dal manga Hana Yori Dango - invece, che è più allegra e simpatica - e l'episodio finale è davvero dolcissimo :) - di quella taiwanese in cui, anche se c'è maggiore fedeltà al manga - si raggiunge davvero il top del patetico con la perdita di memoria di Dao Ming Si nella II serie. Insostenibile!

Ma allora perchè guardarli? bè, innanzitutto, è intrattenimento, e , in questo campo, ognuno ha i suoi gusti. D'altra parte una storia semplice, facilmente prevedibile dall'inizio, risulta estremamente riposante, accattivante. Questo è alla base anche delle fiction televisive italiane, non è una scoperta.

La verità è che non sono così disprezzabili, perchè anche se in modo monotono o naive, sono storie che concernono l'esistenza umana e i suoi problemi basilari: il significato della vita, la morte, l'amore, la famiglia, il rapporto con gli altri.
Non sono così ingenua da credere che i valori trasmessi sono realmente quelli delle società che producono i drama, ma sono sicuramente i valori che vogliono proporre, i valori che appartengono alla loro cultura popolare. Altrimenti, non avrebbero tanto successo ( in asia i protagonisti sono dei veri e propri idoli).

C'è un forte incitamento ad affrontare le difficoltà della vita, a costruirsi un cammino basato sul proprio desiderio di realizzarsi, un desiderio che viene vissuto in maniera non egoistica ma nel rispetto delle persone che lo rendono possibile attraverso il loro sostengo e il loro affetto. Nonostante il gusto per il patetico, il messaggio è positivo.

Qualche volta, sono belle anche le musiche








...se uno non ha problemi di diabete :p



Finestre dell'altrove.

I

Una donna alta, straniera. I capelli biondi, sfumati di bianco. Indossa un cappotto di panno verde e ha troppe buste appese al braccio.

Si sedette al tavolo e ordinò un tè. La stanza era ampia, piena di tavolini tondi con tovaglie a motivi floreali, piattini di ceramica e portavivande in acciaio. La carta da parati a righe rosa mostrava le macchie di umidità e sui muri erano appesi grossi specchi di ottone che mostravano, sotto il vetro, tracce dello strato di alluminio. L’atmosfera era gradevole e vintage. Uno stile forzatamente Old English, pensò, mentre versava il tè bollente dal bricco alla tazzina bianca con il bordo scheggiato. Il vapore esalò subito in una nuvola che le avvolse il volto e la costrinse a socchiudere gli occhi. Si ritrovò altrove.

La stanza era così stretta che non c’era neppure un tavolino. Si doveva estrarre una lunga tavola di legno dal primo cassetto sotto il piano cucina, e lì, in delicato equilibrio, si allestiva il pranzo. Quella era una sua competenza. Appena sua madre diceva: è ora del tè, lei correva in cucina, prendeva il panno di feltro verde dal cassetto, montava la tavola di legno e cominciava ad apparecchiare. Avevano poche cose, ma le sistemava con cura, mentre sua madre riempiva d’acqua la teiera di acciaio con il becco di anatra, e apriva la bombola del gas per accendere il fornello. Metteva i centrini di pizzo dall’orlo bruciacchiato uno di fronte all’altro, e su di essi costruiva la piccola piramide piattino – tazza – cucchiaino, imburrava le fette di pane e le disponeva al centro, tagliava il limone in spicchi sorridenti e scaldava tra le mani il bricco con un dito di latte, attenta ad ogni operazione.

E, a concludere il rito, l’anatra fischiava. La mamma si voltava e portava il tè e un sorriso in tavola.

Tese l’orecchio. Nel locale si sentivano le chiacchiere dei clienti, i loro andirivieni, i tintinnii della ceramica sui vassoi delle cameriere, il fruscio del rullo dello scontrino alla cassa … ma non si riusciva a sentire le teiere fischiare.

II

Ragazzo magro, capelli corti e una pashmina al collo, seduto nella sua vettura, una fiat seicento nera.

Il traffico non è poi così spiacevole. E’ quasi una pausa meritata. Certo, è da molto che non guido: forse è per questo che non mi sento stressato. Ho sintonizzato la radio su Virgin, e stanno dando un pezzo dei metallica da The Black Album, uno dei miei preferiti. Non dovrei fumare in auto, ma ho abbassato i finestrini e mi sono acceso una Marlboro. Il fumo disegna piccoli anelli davanti al viso e poi fugge via, oltre il finestrino. E’ inverno, ma non fa troppo freddo. Direi che è gradevole avere i finestrini abbassati, perfino se sta piovendo. E’ una pioggia sottile, quasi trasparente, la posso vedere solo in controluce. C’ è una finestra aperta e illuminata, le tende ondeggiano piano, dorate contro il cielo ottuso della sera. E mentre osservo la pioggia spiraleggiare contro luce, tra le sfumature rosse dei fari di posizione e quelle d’oro dei lampioni, mi chiedo quale vento le agiti, quale vita.

Forse la mia.

III

L’uomo è affacciato. Un giaccone pesante e un berretto calcato sugli occhi – grandi occhi chiari.

Esteticamente brutto, questo cortile interno. Una costrizione costruita per obbligare tutti a guardare tutti. Come se non lo facessimo abbastanza. La mia stranezza, però, è che mi piace.

Sarà perché fin da bambino ho sempre ritagliato il cielo. Mi spiego.

Molto tempo fa i miei genitori mi portarono in viaggio in Puglia. Stavamo andando a trovare i nonni ed era sulla strada, così ci fermammo a Castel Del Monte. Io piangevo perché non mi piaceva fare i viaggi e quel castello massiccio mi faceva paura. Ma, passando per il cortile interno, quasi per caso, alzai lo sguardo e scorsi un ottagono di cielo. Mi sorprese l’idea che il cielo potesse avere dei confini, addirittura una forma. E da allora non ho smesso di cercarle, le forme del cielo, o di inventarle.

Quando mi affaccio su questo minuscolo cortile, al centro del rettangolo del vecchio palazzo popolare di periferia in cui abito da trent’anni, ritrovo un po’ di quella emozione. Il cielo qui ha una forma più semplice, ma c’è ancora altro da guardare.

Le finestre che si illuminano e si spengono, e le ombre disegnate dalle lampadine appese, che crescono e rimpiccioliscono all’oscillare del filo, i panni stesi che danzano, i tendoni ricoperti di muffa, il suono diverso di vite diverse e l’accendersi delle caldaie, che ronzano come insetti – scordate cicale d’inverno.

Le ascolto alternarsi dai diversi angoli, come richiami d’amore. Come un canto che dice: non sono scomparso.

Il cielo ha ancora i suoi spigoli.

IV

Mi sono trasferito da poco perciò mi stupisco di trovare una scala. Sono salito in soffitta altre volte ma non mi ero accorto che si poteva ancora salire. Percorro la rampa di scale adagio, guardando verso quello che mi aspetta dietro l’angolo. Una porta di metallo mi sbarra la strada. Prendo il mazzo delle chiavi di casa e le sfoglio ad una ad una, selezionando quelle per cui non ho ancora trovato un uso. Le provo tutte nella serratura della porta, ma nessuna funziona. Eppure almeno una chiave entra. Non gira, resta bloccata. Sarà la ruggine. Provo con più forza e sento agire all’interno. Il meccanismo bloccato ritrova le sue combinazioni e, cigolando, scatta. Apro la porta e la luce mi investe. E’ una bella giornata di sole e la luce inonda la terrazza bianca.

Davanti a me una foresta regolare di fili di ferro tesi tra pali bianchi,e mi sembra di rivedere me e mia sorella, da bambini, rincorrerci sul tetto del nostro palazzo di allora, mentre le donne stendevano i panni, sullo stesso filo, e noi ci nascondevamo tra le lenzuola, gonfie come vele di una nave pirata.

Sembra quasi di avvertire il frusciare del cotone e il profumo asprigno di sapone … ma qui i fili sono deserti. Eccetto che per gli uccelli. Uno su ogni palo, come nere sentinelle. Come anime nere in attesa.

Sento tremare la mia.

V

Una ragazza seduta nell’autobus. Indossa un cappotto verde. Il suo viso è rivolto all’indietro.

Ho rovesciato lo sguardo e ho trovato una vecchia finestra. Il legno marcio, senza doppio infisso, una cornice sbiadita per un paesaggio nostalgico. E’ gennaio e la nebbia sale dalla terra umida. Oltre il tenue chiarore posso vedere la catena della Margherita, il profilo bianco e rosa di neve, illuminato da un sole già chino. Il profumo di terra e di legna bruciata nel camino acceso con fatica, e la marjuna che inebria la stanza imbiancata di calce, un vecchio giradischi nell’angolo e una bottiglia di brachetto per terra. L’ultima goccia di vino sul mio collo teso e una piuma bianca soffiata via dalla coperta che avvolge i nostri corpi nudi. La prima volta già così dimenticata, e i destini incrociati come le nostre mani, per la mia anima già sola.

All’improvviso non aver paura di ricordare.


Tutti i diritti riservati. Laura 2009



una nuova etichetta per il blog.

Qualche tempo fa ho postato una citazione del romanzo di david grossman. Diceva così:

Perché a volte, nei momenti più impensati, per strada, puoi sentire l'anima lacerarsi, catturata nella storia di qualcuno che ti è appena passato accanto. La maggior parte delle volte, però, quelle storie vengono sradicate e muoiono subito, senza che gli interessati si rendano conto di ciò che hanno perso. Rimane solo un leggero dolore che svanisce immediatamente, anche se in me a volte può durare ancora qualche ora. E rimane una sorta di angoscia, la morte della storia.

Una storia per ogni persona. Sarebbe minore l'angoscia se si potesse scriverla?

ecco perche' ho pensato di scrivere questi "shoots". Storie rapide come drink da svuotare di un fiato, legate alle persone che sfioro ogni giorno per strada.

L'etichetta è appunto "shoots", e ogni intervento sara' legato a un tema.



addio ad un altro grande italiano

Gabriele De Rosa non è stato solo il primo docente di Storia nelle università italiane, nè solo uno dei rettori dell'università di salerno, allora appena nata.
Nè è stato solo il relatore della tesi di laurea di mia madre, o il suo insegnante brillante che raccontava la storia come fosse un romanzo.
Non è necessario pescare uno dei suoi libri storiografici, basta anche un manuale del liceo. Ti accorgi subito che la sua visione della storia è ampia, profonda, radicalmente connessa alla vicenda umana.
Ha uno sguardo tagliente, socialista nel senso autentico della parola.

Mi ritengo fortunata ad essere stata una delle poche studentesse di terza liceo a completare il programma di storia del 900 fino alla crisi della banca d'italia, fino allo sfascio della democrazia cristiana. Fortunata a leggere la critica lucida (anche se forse partigiana) alla democrazia cristiana e alla figura di Alcide De Gaspari.

E' anche l'autore di quei riassunti puntuali, concettuali direi, che alla fine di ogni capitolo sui manuali delle scuole tecniche mi permettevano di fare un ripasso di 200 anni di storia in 5 minuti, senza perderne la chiave interpetrativa, le ripercussioni sociali, il risvolto economico...

Insomma era un uomo che sapeva dare volti umani ai personaggi storici e ispirare, anche solo attraverso dei libri di testo, la passione per la storia e la ricerca di quei grandi ideali che guidano i cambiamenti.









Addio, Gabriele.

comunicazione di servizio

il cellulare è definitivamente andato e mi tocca comprarne uno nuovo nelle prossime 24 ore (dato che il biglietto del treno è sulla scheda o.O)


... e dire che finalmente (dopo 3 mesi di ricerche) avevo deciso quali stivali comprare!
Ora devo cominciare tutto d'accapo :(


... verso la fine dell'anno internazionale dell'astronomia.

Giovedì 10 il I degli eventi organizzati da SCIENZIMPRESA, la nostra associazione culturale

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Giovedì 17, oltre l'astrolunch di Donato, vorrei andare qui.


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papà stringa

Guarda caso proprio oggi all'uni c'era uno dei colloquia di fisica tenuto da Gabriele Veneziano, considerato il papà della teoria delle stringhe.

Il suo discorso, incentrato soprattutto sui problemi della cosmologia moderna, dal titolo evocativo "Big Bang o Big Bounce?" è stato interessante, a metà tra la divulgazione e la scienza.
Ma al di là delle varie complicazioni la domanda che mi rimane è:

se è vero che la cosmologia ha ormai mostrato che l'origine del tempo è un mito e le teorie inflazionistiche, la QCD e le teorie stringhiste addirittura eliminano la necessità di una singolarità iniziale, - eliminando il disturbante concetto di inizio del cosmo -
cosa resta?

il tempo è immanente?
e l'universo eterno, sebbene mutevole?

Davvero non stiamo facendo solo uno scambio tra un mito scomodo e una divinità più confacente al nostro bagaglio culturale?


Forse dovrei fare una tregua mentale.

In queste notti sto facendo una collezione straordinaria di incubi.
Ma il sogno di stanotte non riesco a capire come sia capitato nella MIA testa.
Non lo ricordo bene, quindi non aspettatevi una narrazione logica e continua. Posso ripresentare solo alcune scene.
Una è ambientata in una chiesa ebraica - sinagoga? - ( in cui non sono mai entrata in vita mia) e io sono seduta accanto a un uomo non più giovane, con pochi capelli e chiaramente agitato. Si tratta di un funerale. La Tomba campeggia al centro della chiesa. E' di marmo, nero, con figure in rilievo bianche, luminose e vagamente minacciose. La liturgia si tiene però in una cappella secondaria, ed è di fronte a questa che si trova la nostra panca. Man mano che il sacerdote procede con il rito l'uomo accanto a me è sempre più scosso e devo tirarlo per un braccio. Lui si volta e sussurra tra i denti che le parole del sacerdote sono tutte sbagliate, che sta dicendo delle cose che nella Bibbia non ci sono affatto.

Nella scena successiva stiamo scappando, perche' la comunità ci ha messo al bando a causa delle eresie pronunciate dall'uomo con pochi capelli. Corriamo, passando attraverso dei tunnel sotterranei. Sollevando lo sguardo vedo una grata, e su di essa corrono i nostri inseguitori.

.... purtroppo ora non ricordo altro, ma se stanotte il sogno continua, prenderò nota.

ps. la mia coinquilina suggerisce un legame tra la sinagoga e le rovine dell'oasi dei gatti a largo argentina.

HapPy TiMe In RoMe

Qualche volta però mi diverto anche.


Il fine settimana si è rivelato delizioso.

Venerdì sono andata a vedere Baaria a un cinema vicino piazza Bologna.
Uno di quei vecchi cinema sotto le chiese con i divanetti di velluto stinto e una sola sala, dove paghi 3 euro e l'età media è 23 anni.
Baaria mi è piaciuto molto.
Sì, ok, ci sono parti un po' forzate e magari non sono chiari tutti i simbolismi, ma questo film è un immenso regalo che Tornatore fa all'Italia. Il racconto della generazione precedente alla nostra fatta attraverso una carrellata di personaggi che non sono altro che maschere sull'eterno palcoscenico dell'esistenza umana.
Ma non è un dono straordinario poter guardare l'infanzia dei nostri genitori?
Amo profondamente la scena iniziale del bambino che corre tra le strade di Baagheria e all'improvviso vola. Quel bambino sono io.


Sabato sono stata a cena a Frascati. Abbiamo festeggiato di nuovo il fratellone, rimpinzandoci a livelli davvero disumani. Esempio: antipasto misto dello chef, composto da
Piatto A : misto di salumi
Piatto B : misto frittura
Piatto C : bruschette e verdure alla griglia
Piatto D : Ricotta di capra caramellata
Piatto ... : Calzoni di prociutto e provola, fonduta di scamorza e tartufo, goulash, cuscus ...
il resto ometto perché stasera devo ancora cenare e non voglio sfottere troppo i miei succhi gastrici. Tanto per darvi un'idea, insomma.

Domenica uscita estemporanea per andare a vedere il concerto itinerante dei Ciao Rino, una tribute ban di rino gaetano che festeggiava i 10 anni di attività. Un gruppo fantastico che si è presentato con l'autobus 109 al piazzale Aldo Moro e ha cominciato a suonare le canzoni del grandissimo Rino a richiesta.



.... Meraviglioso.

Lunedì semplice giornata, conclusa chiacchierando fino all'una con un'amica che non sentivo da un pò.

Martedì, dopo le mie brave 4 ore di corso ( fortunatamente le altre due sono magicamente saltate) e un po' di tempo speso a migliorare le mie scarse competenze in ambito dell'astrofisica stellare, ho preso la metro fino a Barberini e ho corso come una matta per raggiungere la Feltrinelli di Largo Argentina.
Dovevo assolutamente afferrare l'occasione non solo per rivedere due carissime amiche ma anche per incontrare un uomo straordinario.

Stefano Benni se ne sta seduto al tavolino sotto la sezione letteratura, accerchiato da un gruppo esiguo di ragazzi. Si tiene la testa con la mano e solleva lo sguardo azzurro sotto le palpebre pesanti.

Strano che non ci sia una fila fuori dalla feltrinelli, che non ci sia da spintonare per arrivare solo a vederlo, lo scrittore, ancora più strano che la gente ciondoli per gli scaffali come un giorno qualunque. Sarà una bufala, mi dico.
Ma poi arrivo al reparto Poesia, ed eccolo lì, lo scrittore.
Sono timida e mi avvicino alle due persone lì accanto che conosco. Una stringe una copia di Pane e Tempesta ma quando mi vede me la mostra: è una copia con dedica e una stella disegnata da Benni per me, la Laura che le mie amiche gli hanno raccontato.
Una stella che sorride e scappa via.
A questo punto recupero un'edizione di Saltatempo. Sì, ce l'ho già, ma di quel libro sono perdutamente innamorata, come posso resistere all'idea di farmelo autografare?
Nel frattempo mi accorgo che davvero si sta lì a chiacchierare di cose banali, a ridere e scherzare con Stefano Benni. Siamo un piccolo gruppo di ragazzi allegri. Così quando arrivo con la mia copia di Saltatempo Benni mi guarda e nota che sono tutta colorata. Chiediamo un consulto a una ragazza architetto e io mostro gli scoiattoli sul mio vestitino amarena chic.
Neanche a dirlo, l'animale destinato a stare sul mio saltatempo per sempre è uno scoiattolo.

Avvolto nel suo piumino nero col cappello calcato sulla testa e i capelli bianchi che scivolano fuori, Benni si allontana tra le luci di largo argentina verso la fermata dell'autobus.
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So she happens to be happy ...

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Amiche vere, una corona e Roma.





ChaLlAnGes

"Giri solo un po' il caleidoscopio e l'immagine si trasforma, ma che forza è necessaria per questo piccolo cambiamento! ...






... la forza di desiderare ardentemente."

AuTunMn EndInG pLaY LiSt






SoGnO

sogni, sogni, sogni ... quanto si abusa di questa parola. Una parola decisamente da merchandising.


Una volta era una parola pregevole, usata dai poeti.

"siamo della stessa sostanza dei sogni", diceva Shaekespere. "La vida es sueno", diceva Calderon de la Barca.

Ricordo quando divoravo tutte le tragedie della libreria dei classici mondadori, passando dall'uno a l'altro, e scoprendo la profondità del teatro su un foglio di carta 2D. Ero davvero piccola quando ho letto per la prima volta l'amleto - potrei essere rinchiuso nel guscio di una noce e sentirmi il re dello spazio infinito! - e sogno di una notte di mezza estate - e se noi ombre vi abbiamo offeso, potete fingere di aver dormito...
Ombre e sogni sono sinonimi, per i poeti. Perchè loro ci dicono che la nostra esistenza non è che una vaga, mera comparsata sul palcoscenico del mondo, che le nostre azioni e i nostri pensieri, le nostre ambizioni e gli egoismi, sono come catene che tentano di legare l'inconsistente.

Ma oggi, cosa sono i sogni? Sono la voglia di fare il cantante, di diventare modella. O fare lo scrittore, o riempirsi di soldi da far crepare di invidia. La parola sogno è quella della sigla di amici (anche se quest'anno è cambiata) nella società di oggi. Perchè, se ci pensate, è facile inquadrare così una vita. Insegui il tuo sogno, sarai felice. Così ci insegnano le commedie americane.

Ma non si può davvero dare alla vita un valore così misero. Non si può inseguire il sogno. Il sogno è altrove.
La vita ha bisogno di un nutrimento costante, dell'ideale. E' quello il valore della vita, da tutelare e conservare oltre gli egoismi e le barbarie di questa società "civile".
"Go ahead, no matter what" non è un valore.
Ci vogliono valori nuovi, diceva vittorini. 50 anni dopo, è ancora vero.

Non credo al sogno americano. Voglio credere all'ideale.
Altrimenti resta solo quello che diceva Leopardi:
"fango e noia è la vita, altro mai nulla".



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e l'amore? Unica causa degna di vita, diceva sempre Leopardi.


vOiD

Soul ..




.... just like rusty stars under the sea.


CoSmoLoGia vs CoSmoGoNia.


In accordo con wikipedia, la cosmologia è la scienza che indaga l'universo "nel suo insieme", cercando di spiegarne l'origine e l'evoluzione. E' la parola "scienza" in questa definizione a giustificare la presenza di un corso di cosmologia nel mio piano di studio. Ma si tratta davvero di una scienza?
Cosmologia è una parola di origine greca, che unisce la parola Kòsmos, "ordine", e la parola Logos, "discorso", ma nel corso della storia è andata a denotare idee e concezioni completamente differenti, che sfociano in miti, religioni e infine nella filosofia. Nei libri o su internet si trovano dei percorsi che rintracciano l'evoluzione che le diverse teorie cosmologiche hanno avuto nel tempo, fino a trovare una crisi (prima con la rivoluzione copernicana, poi nel paradosso di olbers ecc), che ha deviato la cosmologia dal binario della mera speculazione intellettuale e l'ha portata nell'accogliente bacino della scienza. Cosa straordinaria! Perché l'idea di poter applicare il metodo scientifico - il criterio oggettivo dell'esperimento - per rispondere alle domande fondamentali della vita è davvero una promessa miracolosa.
Il primo uomo che ha sollevato lo sguardo verso il cielo stellato e il cosmologo di oggi vogliono rispondere entrambi alla stessa domanda: chi siamo? da dove veniamo?
Ma la scienza può davvero arrivare a tanto? Possiamo tracciare un limite netto e distinto tra l'ambizione dello scienziato e il desiderio comune alla condizione umana?
A questa domanda sento di poter dire di sì ( e non è un caso che studio astrofisica), ma bisogna porre dei caveat.

La cosmologia, intesa come disciplina scientifica, si basa su questo:

CMB_ILC_Map75.jpg

l'immagine a microonde del fondo di radiazione cosmica ( CMB) preso dalla Nasa/WMAP, ovvero su un ben preciso dato sperimentale, e su un principio di modestia, secondo il quale l'universo non si mostra a noi in maniera differente rispetto ad ipotetici osservatori collocati altrove.
Se assumiamo questo principio - semplice assicurazione che l'universo non complotti appositamente contro di noi - questa straordinaria immagine scattata qualche anno fa ci dice che la cosmologia è davvero una scienza. Mettere un rivelatore a microonde in orbita intorno alla Terra per misurare la radiazione che proviene dall'universo primordiale è "l'esperimento".
L'esperimento è il confronto finale del modello.
Ma qual è il modello proposto dalla cosmologia moderna?
Uno scienziato, tipicamente, spera di realizzare una teoria in grado di autosostenersi. Questo requisito è così fondamentale per un modello scientifico che, in pratica, non è mai stato soddisfatto. Perfino la teoria newtoniana, che sembrava. fino a un paio di secoli fa, predire perfettamente tutti i fenomeni fisici osservabili, chiama in causa un deus ex machina, il sistema di riferimento inerziale. Questo problema era così grave che Einstein non riusciva a dormirci la notte, e ha speso trent'anni della sua vita per scrivere quel capolavoro del pensiero umano che è la teoria della relatività generale.
Un giovane fisico che si trova, al terzo anno di università, a studiare la relatività generale non può che innamorarsene, perchè la sua ansia di completezza e di autoconsistenza sembra finalmente appagata ( o almeno in misura ben maggiore rispetto alla fisica classica).
Ma qui non si tratta solo di chiacchiere, non stiamo facendo filosofia. La teoria della relatività generale permette il funzionamento del gps, il calcolo della precessione delle orbite dei pianeti con una precisione da capogiro e tutta una serie di altri eventi per i quali la meccanica classica falliva miseramente.
Questo non significa che la teoria della relatività generale sia l'ultima, che sia vera. Il metodo scientifico non aspira alla scoperta della verità, piuttosto vuole ottenere un modello quanto più generale possibile che gli permetta di spiegare i fenomeni osservati e di fare previsioni. Fin tanto che la teoria è in grado di soddisfare questi requisiti resta valida.
La cosmologia usa la teoria della relatività generale per fare previsioni dell'universo "nel suo insieme", approssimato a un fluido ideale omogeneo ed isotropo. Questo è il suo starting point.
Dopo di che finisce con l'incapparsi in una serie di gravissime problematiche, tant'è che è indispensabile ricorrere a un fenomeno detto inflazione. L'inflazione, causata da un potenziale scalare ( e di potenziali scalari se ne ipotizzano tanti ma nemmeno uno è stato trovato - restiamo in attesa della scoperta del bosono di higgs), risolve una serie di complicazioni e sembra addirittura in grado di predire esattammente la quantità di elio che si osserva oggi nell'universo (ma che sappiamo misurare con estrema difficoltà). D'altra parte restano dei problemi molto seri, come la necessità di introdurre un'energia del vuoto (la famosa costante cosmologica) sulla cui natura non si ha la benché minima idea, o, per andare ancora più terra terra, il fatto che metà della massa prevista non si trovi !
Personalmente, anche l'idea di un "inizio", del Big Bang, mi disturba alquanto, e preferisco fare l'occhiolino alle teorie stringhiste per le quali, in fin dei conti, quello che è successo prima dell'inflazione non ha poi molta importanza.
Insomma, la cosmologia parte davvero da un punto di vista scientifico, ma mi sembra che per strada rischi di sfociare in un vero e proprio racconto mitico dell'origine, con tanto di divinità cacciate fuori dal cilindro.
Ecco perché non amo particolarmente la cosmologia ...
eppure, man mano che procedo, non posso fare a meno di sentire l'eccitamento.
La voglia di capire dov'è il bandolo della matassa.


Finché non saremo in grado di dare una sbirciata al fondo stocastico di onde gravitazionali, l'unico indizio possibile è segretamente conservato nel cuore delle galassie.


DrAmA FeVeR ... about love

feeling upset

FiGlia deLle SteLle E di Ciò ChE eSse NoN RiVelaNo

Quando le persone guardano per la prima volta una stella al telescopio restano deluse. Un puntino luminoso, anche attraverso quella scatola magica, resta un puntino luminoso. Io stessa, quando ho comprato il MeadeLX90, volevo uno strumento che mi consentisse di guardare "oltre" le stelle, uno strumento in grado di raccogliere, con il suo largo occhio, la luce proveniente da un'altra galassia.
Eppure quanto sono evasive le stelle, come celano bene i loro misteri!
Davvero non sono altro che astri ridondanti sulla sfera del cielo, contati e ricontati solo dagli innamorati?

Fin da bambina amavo chiamarle per nome, come fossero parte della mia famiglia, come fossero vecchie amiche a cui confidare i miei segreti, che mi guardavano da lontano con occhio benevolo. Anche nella notte più buia, se potevo alzare per un attimo lo sguardo al cielo, ero felice. E' un'abitudine che non ho mai perso, quella di guardare in alto. ( Mi uscirà la doppia nuca come nelle vignette di lupo alberto?? )

Ora però ho altri punto di vista.
Posso vederle come poderosi macchinari - ognuno costruito con pezzi e condizioni iniziali individuali, ognuno con il proprio percorso da compiere,- ma sempre e comunque in grado di trasformare, nel modo più efficiente possibile - materia in energia. Perpetuamente sospese sull'orlo di un equilibrio precario tra le immense spinte della combustione nucleare al loro interno e l'azione della gravità, cederanno ora alle une ora all'altra solo per poter compiere quell'unico straordinario percorso che le porterà nella condizione di minima energia.

Nell'ambito della vita di una stella, l'accidente dell'esistenza umana è un volo di farfalla.
Però mi chiedo: come ci vederebbero le stelle? Immagino come caotica e piena di sprechi sembrerebbe loro la nostra vita.
Sarebbe bello se potessimo vivere almeno per un milionesimo della vita di una stella. Allora potremo percepire semplicemente con lo sguardo il continuo mutamento del cosmo.

Sono contenta di potermi ancora permettere queste fantasie non da scienziata :)



"...
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera

mastica e sputa
prima che metta neve
ho visto Nina volare
tra le corde dell'altalena

un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
luce luce lontana
che si accende e si spegne

quale sarà la mano
che illumina le stelle
mastica e sputa
prima che venga neve .."

pOeSiA

A quo moventur?

E’ nel mio sguardo tutta l’imperfezione del mondo,

ed è per questo che porto negli occhi tutti gli uomini.

I

Cammino,

con le viscere gravate dal dolore e la schiena china,

dentro la strada vuota e increspata dal sole

avvolta dal silenzio

dal passo spento

sul sentiero

di questa solitudine fraterna.

Sola cammino

nella mia inquietudine,

tra sassi bruciati dall’arsura, tra mura

popolate di ronzii in cui lampeggiano morenti

insetti, tra paesaggi che il vento spazza

e seppellisce.

Sono anche io insetto.

Scavo nelle viscere della vita

tana umida

e cava -

un legame

con l’Universo intatto

oltre questa mia sofferenza

di crosta infranta.

Dentro l’informe corpo molle

palpitano più cuori

ognuno in cerca di un lampo di magma

nel segreto della terra oscura

che risollevi il mio nome

asciutto

dimenticato

tardivo.

Mi ricavo

nel movimento dei miei arti

fragili rinsecchiti

come il sogno che covo dentro,

che preme

per esplodere

frantumare

ciò che ancora resiste

sotto le mie labbra uncinate,

sotto il vortice del loro risucchio

incessante incessante incessante.

Te.

II

Cammino.

La torre pendente del mio corpo

avanza,

cigolando, pur tentando

di trascinarsi

il vuoto

di non sentirti

Spada di luce danzante

nel mio grembo

Iride di fuoco

Pioggia di grevi lacrime

dentro il lago della mia

vacuità.

Macino viaggi interminabili.

Tuttavia ogni strada brucia e arde

come le altre

in questa vasta

sconsolata pianura.

Uniche compagne che raccolgo

sono parvenze

fantasmi,

sono le infinite me

distrutte a ogni passo,

essere in potenza e irrealizzato,

mia inessenza che pure rende me,

assassina, fratricida,

figlia nata dalla mutilazione di migliaia di aborti,

unica.

Umanamente Una.

III

E nelle orme alle mie spalle

ripiene di sangue e fango

germogliano grappoli densi di uva e

vita , riversando il loro succo rubino

sulla mia pelle

dalla quale ti allatti,

la mia pelle umida calda,

confine divisione contatto

tra le nostre anime

ribollenti, forgiate nel vapore

cosmico che le ha viste unite,

che le ha viste pure, senza nessun delitto ancora

ad affondarle.

Ora abbracciati,

saziandoci senza calmare

la fame - Infrangendoci

senza perdere il nostro peso –

Vivi e non vivi, insieme e soli - ora

non recidermi.

La mia anima di allodola e

usignolo si impiuma coi tuoi baci,

intreccia il nido nei tuoi

ventricoli gonfi di linfa, nelle tue

vene arboree ancorate celate

dentro il cuore della terra.

IV

No, non mentirmi: io sono figlia dell’aria,

figlia delle stelle e di ciò che esse

non rivelano.

Ricordo bene.

Ricordo il tempo dei miei viaggi, quando,

seduta sull’ultima rovina, piangevo.

Sì, ricordo.

Ero sasso – giacinto sfiorito-

nel flusso impietoso del tempo,

piuma

nel vortice irreversibile,

quando naufragai nel tempio, all’altare

su cui giacevano le carni immolate

degli amori perduti.

Fu allora che mi colse il male del mondo

e crepe si infiltrarono nelle colonne bianche,

e io fui anima cava, calice

vuoto, la vita in me come un sordo

sogno.

V

Nel silenzio del mondo decaduto,

nel silenzio del mondo inesistente,

ascoltavo: ecco :

il garrito dell’elefante, mi chiama da

est, voci del passato: perdermi

attraverso giungle di

meditazione: ecco :

il canto delle cicale, mi invoglia a

sud

voci di passione

esaltazione di sensualità

dentro alveari celati tra

vesti di lino: ecco :

il fischio della Ballerina

non per me, verso il nido,

tra le conifere: vestirmi del suo

grigio - escludere ogni altra

tonalità:ecco :

il rumore del mare.

Il rumore del mare.

Ha imparato il mio nome

quando ancora vestivo

solo di placenta.

Mi tira dall’antico legame,

cordone ombelicale

mai reciso.

La mia volontà dimenticata.

Calice vuoto.

VI

Così giacevo tra le rovine

del tempio antico,

raccontando me stessa alla mia

memoria,

quando una voce

si alzò

dall’abisso

della

desolazione.

Trovatami nuda la voce mi rapì a sé

tra le mie labbra -con le mie labbra

urlò:

Essere un nulla,

Io nel Non-io,

contraddizione sanata.

Ed era la voce di un’anima nuova.

Era la mia voce nuova

[Perché questo mi parve ciò che tutto turba

e tutto distrugge,

il pozzo oscuro

tra possibilità e essere,

non trovai altro dolore se non

lo struggimento di smarrirsi senza perdersi,

effondere nell’intangibile

conservando

forma e sostanza, sopravvivere

nota chiara

nell’immensa rapsodia

del Tutto]

Nostalgia.

VII

Mi arrivasti allora,

inciampando nel mio passo

affannoso, nella mia nuca

contorta, straziandomi

salvandomi con il tuo abbraccio di stelle

e spine, con la tua bocca

di prugna densa, con l’offerta fresca

di sazia rivelazione della tua lingua,

ondeggiante distesa di fragole

e speranze.

Motore immobile, tensione finale dell’anima mia.

Canto una sola passione: voglio essere nella tua carne,

pulsa il sangue nei condotti,

voglio essere nella tua carne,

geme il sangue irrorando estremi di percezione,

voglio essere nella tua carne,

ribolle il sangue sotto la bocca del sudore:

rivestimi del tuo corpo, lascia

che io mi diffranga nel tuo sguardo - vertigine d’abisso e

d’infinito.

Ebbene la mia mente è appassita alla gioia.

VIII o del Sonno Antico

Cammino.

Vela al vento.

Ogni spasmo mi muta

irreversibilmente.

Non ritrovo la causa

di me.

Mi perdo

dietro sensazioni e vivo

un’altalena

di dolori, antichi

e senza nome.

E ora?

Ora la cenere.

Assopimento.

E un solo,

stanco,

desiderio

[di te].

Voglio dormirti.

Voglio dormire

un sonno profondo,

il primo

impopolato di uomini.

Voglio dormirlo

al di fuori del mondo, un sonno

tranquillo e riposto

dentro un recondito

angolo

del tuo mistero.

Come un ruscello che scorra eterno

tra verdi campagne

estive nell’armonia sfavillante

delle sfumature, nell’armonia scrosciante

del complesso canoro.

Questo sonno avrà la tranquillità di un vegliardo

e dimorerà in pace per l’eternità,

scioglierà i nodi del tempo,

dissolverà i dolori.

Imperturbabile scorrerà il mio sonno

e così immutabile sorgerà

l’edificio del mio cuore,

e ogni pilastro affonderà in te-

Sonno privo di umanità –

insegnandomi

l’imperfezione.



da : "A quo moventur?"

Lau, 2004

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