UnDeR the StarRy Sky

una finestra sospesa tra le nuvole e le stelle

40 anni sulla LUNA

Questo mese ho svaligiato le edicole. Sarà perchè ho fatto su e giù di continuo tra Roma e Salerno, ma ho comprato una quantità pazzesca di fumetti Disney. Vero è che fanno bene alla salute, però restano ingombranti.
La piacevole sorpresa, sfogliando il volumetto di raccolta de I Grandi Classici Disney, è stato trovare un'intera sezione dedicata all'anniversario dell'allunaggio con la proposta di rilettura di alcune avventure degli amici paperi con protagonisti proprio i viaggi sulla Luna.
Sì, i primi esseri vivienti a sbarcare sul nostro satellite non siamo stati noi, bensì un topo e un cane, ovvero Topolino e Pippo, lanciati in orbita almeno con un anno di anticipo.
E non c'è da meravigliarsi se loro sono in grado di aggirarsi per il suolo lunare senaz scafandri nè tute, perchè la fisica abituale non vale per questi straordinari personaggi. Ed ecco che allora i nostri eroi sventano i piani criminali del solito recidivo Gambadilegno, il quale ha la brillante idea di dipingere di nero la luna per far dispetto a tutti i romantici e gli innamorati, e ricattare gli scrittori di canzonette d'amore. Oppure si trovano ad aver a che fare con un popolo di abitanti lunari simili ad eta beta ma con un carattere ...molto più interessante. Sono alieni accoglienti e cordiali un momento, assassini e brutali l'attimo dopo : lunatici, insomma!
Ogni avventura lascia col fiato sospeso ... in assenza di bombole di ossigeno!
Eppure qui e lì' sono lanciate piccole informazioni interessanti, come la distanza Terra Luna, il fatto che Pippo pesi sulla Luna un sesto di quanto pesa sul nostro pianeta, il punto in cui l'attrazione gravitazionale della Terra e della Luna si equivalgono, la velocità di rotazione terrestre e perfino l'applicazione del principio di inerzia.

Per fortuna più in là i nostri personaggi impareranno che per andare nello spazio è indispensabile una giusta attrezzatura !
E ancora una volta sconfiggeranno il cattivo di turno, un piccoletto che interferisce in tutti i segnali radio terrestri utilizzando i satelliti ECHO per vendicarsi della sua bassa statura.

Nonostante tutte le "licenze poetiche",
ho letto questi fumetti con vero godimento.
Non si deve mai fare l'errore di sottovalutare la fantasia e il dviertimento, perfino nell'imparare.

Time of theory

Forse non bisogna essere degli studiosi per chiedersi che cosa sia il tempo e se esso abbia mai avuto un'orogine. Ecco perchè martedì scorso c'era tanta gente all'incontro con G. Veneziano. O forse è come dice Gabriele, e la gente è attratta solo da titoli altisonanti ed esoterici. Teoria delle stringhe è certamente un nome affascinante, evocativo, per un evento pubblico. Specialmente per chi, come me, non ha mai imparato ad allacciarsi per bene le scarpe.

Fatto sta che la sala del planetario era piena,e il centinaio di persone ospitate sono rimaste fino alle 23 a sentire tutte le domande che venivano poste a questo fisico teorico italiano che ha gettato la base fondamentale della moderna teoria delle stringhe, ambizione alla teoria del tutto.
Sì, le stringhe, le corde vibranti, gli anelli di energia primordiale, sono i candidati ideali per riuscire lì dove Einstein ha fallito: la rimozione dell'inizio, la realizzazione del pensiero completo, dell'universo elegante, por dirla come B. Greene ( anche lui ospite dell'evento ieri presso l'Auditorium parco della musica).
Eppure nella conferenza, nell'incontro con il pubblico, qualcosa è mancato. Non è stata trasmessa quell'insaziabile bisogno di ordine e di comprensione, che spinge a creare teorie sempre più complete, non è stato trasmesso il lavorio di questi ultimi anni verso la realizzazione di una meta che non ha altro scopo dell'appagamento del pensiero.
Mi rendo conto che non è un'impresa facile dare un'idea di cosa si intenda con questa String Theory- tanto che B. Green ha dovuto scriverci un intero libro -, ma raccontare tutta la storia dell'universo in 30 minuti mi sembra davvero un azzardo.
Ma sono stata incredibilmente felice di parteciparvi. Ho rivisto il museo astronomico e la sala azzurra del planetario e incontrato le persone che in quel periodo frenetico ed esaltante sono state guide, amici, colleghi.

unDeR the Sea

dov'è finito il mare? dov'è la ghiaia arroventata dal sole, i nostri sorrisi salmastri, il fruscio insistente delle onde?
La costiera serpeggia tra i buganville in fiore e gli oleandri color pesca, contrasto abbagliante contro l'azzurro cielo. Respiro l'ombra e annuso la riga del mare lontano, mentre la mia anima rinasce e comincia una danza segreta.
Non sono che me, immersa in queste acque color edera, mentre nuoto appena tra i banchi di pesciolini argentati. Sento le loro boccucce cercare i miei piedi, e sprofondo ancora in quel vivere senza pensiero, in quell'esistere che basta a se stesso.
La pelle formicola come se solo irrorata dal sole potesse finalmente vivere.
Una nuvola bianca corre verso la cresta più alta che scorgo dal mare, si frantuma e svapora, come dita di nebbia.
Un gabbiano sfiora con l'ala il mio sguardo, il mio sguardo è un gabbiano, lascia la terra e si innalza come un pennacchio bianco tra gli infiniti orizzonti del mare.
Cosa ci faccio su quello scoglio? cerco di acchiappare un granchietto marrone, sfiorando con le dita un pesce di scoglio intrappolato in un piccolo bacino.
Ma no, ecco, sono gabbiano, e pesce, e granchio. Mi arrampico e salto, l'acqua è come sempre amica, sorella, mi abbraccia e mi porta a incontrare un suo nuovo segreto.

Apro gli occhi. Dov'è finito il mare? E noi?

viaggiando

Gli obliqui raggi del sole
rendono morbide le colline
come un antico panneggio
che a volte svela e a volte cela
il mistero vago della terra.

Più in alto le nuvole opache
imprevidibili vele
ai capricci del vento
allungano le loro ombre
come dita orditrici.

Un campo di girasoli dagli occhi gialli
uno di paglia secca
che al tramonto del sole si incendia
specchio di fuoco e oro,
una torre arroccata,
il volo bianco della gazze,
il dorso di una mucca,
il sussurro di un nome

La luce pennella di eterno l'argento degli ulivi.



Ho tutto il mondo e nulla.

i versi del mattino



Gentle lady, do not sing
Sad songs about the end of love;
Lay aside sadness and sing
How love that passes is enough.

Sing about the long deep sleep
Of lovers that are dead, and how
In the grave all love shall sleep:
Love is aweary now.





Mi è ritornata alla mente stamattina questa
canzoncina di Joyce, scovata per caso su un
libro tanto tempo fa. E' strano il percorso delle parole.
Sembrano dimenticate eppure restano in circolo,
si assopiscono, e tornano in una mattina d'estate,
come un bacio fresco sulla fronte
e un buongiorno sognante.

affinità ELETTIVE

essì, tempo di voto. Non che mi interessi davvero della politica. A dire la verità ho un pessimo rapporto con l'informazione, vivendo senza tv e non comprando mai il giornale. Lo so, questo non è atteggiamento da cittadino modello.
Ma quando scocca il momento del voto, mi risintonizzo, seguo i dibattiti, leggo i giornali on line, riaccendo il mio interesse sociale.
Un diritto e un dovere, e mi diverto.
Questa volta però, devo ammettere, era quasi tentata di rinunciare.
Ho aperto lo scheda gialla delle amministrative e quella si è dispiegata come un'aquilone ... per poi scegliere tra 4 persone.
Ma alla fine ho espresso il mio voto, messa la mia inutilissima crocetta sul partito, e si vedrà. O meglio, si è visto, visto che il risultato è andato da tutt'altra parte e dopo 20 anni la provincia passa alla destra.
Voto nella mia vecchia scuola.
Ho preso l'auto - sì, per ben 500 metri ho preso la mia auto! - e sono tornata al liceo.
Ho porcheggiato sul pavimento di mattonelle rosse, sotto un castagno alto come un lampione, con le foglie che sfiorano il tettuccio dell'auto. Ho sorriso alle rose, bianche, rosse, gialle, rosa, che sono sempre state lì, a delimitare la zona del cortile dall'ingresso.

Ho lanciato uno sguardo al colonnato del nuovo ingresso, dove ho festeggiato la maturità, e sono risalita verso i seggi.
Ho rimesso piede sul marmetto dell'atrio, ho scorto le scalinate con le ringhiere blu, che mi accompagnavano ogni mattina all'aula - ultimo piano, ovviamente.
Sono rimasta così, sospesa tra il mondo di allora e quello di oggi, in equilibrio sulla correlazione degli eventi e sul filo del destino, se esistesse un destino.










Peccato per le liste dei partiti che rattrappivano il quadretto romantico & nostalgico ...

la stanza assolata

Questi giorni scorrono leggeri, nonostante gli impegni e lo stress ( che a volte hanno la meglio e mi spingono ad aggirarmi per casa con la pettinatura di uno yeti e l'umore di una scimmia in negligè, tanto per citare la lucasarts). Mi rifuggio sul balcone assolato, spalle al muro e gambe stese, lasciando che il mio orizzonte sia limitato dal frastagliato profilo delle piante da fiore. Durante la mia assenza il balcone si è riempito di piccole selvatiche meraviglie: cespugli di bocche di leone gialle e rosa, una piantina di pomodori che è salita su all'improvviso tutta arzilla e carica di fiorellini gialli, una malvarosa, un rampicante grasso con dei piccoli fiori fucsia dentellati come ghirlande. E poi l'ortensia, e le mille sfumature di ibisco, e la rosa vellutata, la buganville, l'albero di limoni contorto e profumato, e il mio preferito, il gelsomino bianco. Lo so,è un pò tardivo il mio gelsomino. Tutta la città è invasa già da mesi da siepi bianche che puntellano il fondo smeraldo delle foglioline verdi e lucide dei gelsomini. La villa comunale ha messo su un'intera parete, candida come neve e profumata di notti arabe. Ma da quando mi ricordo, il gelsomino è sempre stato sul balcone, ed ha sempre fiorito in ritardo, a giugno e a settembre. Ho passato tantissimo tempo, d'estate, a raccogliere i fiorellini a forma di stella dal pavimento del balcone, per lanciarli roteando dal balcone e assistere al volo da elicottero che facevano, portati dal vento, riempendomi le mani di quell'odore dolciastro. Da bambina il balcone era il mio angolo di mondo, il mio porto, la mia casa giocattolo. Sgusciavo tra i vasi, tra il benjamin sempreverde e le larghe foglie delle chenzie, che piovevano giù come un sipario, e lì fantasticavo e giocavo con i miei pupazzi, o con le formiche. Eppure non ho nè un terrazzo nè un giardino. Si tratta del semplice balcone di un appartamento al quarto piano, in un quartiere resedenziale periferico, un quartiere che solo una generazione fa era ricoperto dalle coltivazioni di arancio, con l'erba che arrivava fino al ginocchio, ai margini della strada sterrata. Quando ero bambina, dove non c'erano ancora i palazzi, ci portavano le pecore al pascolo e si sentiva lo scampanellare dei loro collari fin dentro casa.
Ogni cosa è un pò diversa, oggi, eppure uguale. Stendo le gambe, sfiorando con i piedi la pelliccia a 40° gradi della gatta, spaparanzata al sole, e mi metto a studiare.

Open Window

C'era una volta un blog. Lo crescevo distratta, come una pianta grassa sul davanzale del tempo libero, innaffiandolo poco e sperando cher nel frattempo tenesse duro. E c'era chi lo leggeva, gli amici che di tanto in tanto si lasciavano travolgere dalle mie improvvise e improvvisate follie, dai miei incanti, dalle mie immagini rozze eppure magiche strappate alla notte. Poi però ho deciso di chiuderlo, o come scrissi, di defenestrarlo. Avevo concluso un capitolo della mia vita, con la laurea triennale, e stavo per cambiare città, cambiare studi, cambiare università … Ho tirato i remi in barca, raccolto le energie e mi sono lanciata in questa nuova esperienza. E poiché l'ultimo combattivo anno di triennale mi aveva insegnato che per conseguire un obiettivo devi rimanere focalizzato, devi rinunciare agli abbellimenti, ai panegirici, alle futilità, al vagabondare della mente, e anche al vagabondare vero e proprio, ho deciso di rimuovere la piantina grassa dal mio davanzale, e chiudere del tutto la finestra. Ma una parte di me è rimasta sintonizzata cone un'antenna ai possibili cambiamenti d'aria, alle novità, a un qualche evento che modificasse questo modo un po' triste di pensare a me stessa e alla vita. Lì per lì ho creduto di poter mettere da parte la fantasia, l'esigenza di comunicare, la voglia di scrivere e raccontare, e restare Laura.

Ma poi ho vissuto un'esperienza straordinaria …


Non si ci può scindere, si deve rimanere tutti interi, anche se questo porta inevitabilmente a dei compromessi con la vita. Ed eccomi qui, a riaprire la finestra su qualche squarcio della mia vita, su questo cielo stellato che mi accompagna da sempre, come uno sguardo accondiscentente, o sul cielo limpido di quest'estate appena iniziata e carica di aspettative, una finestra luminosa per affacciarmi sul mondo.


Ah, ma voi volete conoscere l'esperienza straordinaria??

D'accordo, d'accordo. Immaginate … un cielo stellato. Sono monotona? D'accordo, ricomincio.

Immaginate una grande sala circolare, con le poltrone celesti e una grande cupola sovrastante, illuminata di azzurro. Accomodoatevi mentre una musica tipida vi accoglie e vi rilassa, e cominciate a respirare in un mondo che sembra allontanarsi da ogni altra cosa … lasciate che scenda il buio e la notte e la cupola si oscuri, colorandosi come il cielo a tramonto. E' allora che comincerete a sentire la mia voce, che vi racconta come gli astri si assecondino sulla volta del cielo, come essi siano diversi l'uno dall'altro, pieni di sfumature e colori che rivelano i loto segreti intimi, come essi ci hanno guidato nei secoli, dando volto a figure mitologiche, a battaglie epiche e a misteri formidabili …

Io stessa sono vittima di questo incanto, del trasporto; io stessa, stringendo il microfono con una mano e il puntatore con l'altra, spostandomi tra i punti luminosi e familiari sulla grande cupola buia, avvolta dallo stesso buio e dalla stessa musica, mi lascio trasportare dalla voce, dal racconto, e siamo tutti, per quel breve tempo, compagni di viaggio.


Improvvisare un racconto, in piedi, al buio, tra 40 persone, condividere la loro emozione, lo stupore, a volte anche la delusione, la curiosità, l'affascinamento... ecco la mia esperienza straordinaria.

Sono stata parte dello staff scientifico del Festival della Scienza, parte di un team affiatato, creativo e combattivo, messo insieme dal Planetario di Roma, e mi sodivertita davvero come una pazza!!!

Ma la cosa meravigliosa è stata essere me stessa, tutt'intera. E non è questa la felicità?

bLoG Di

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